C’è un sogno ricorrente tra gli investitori italiani, una fantasia finanziaria che profuma di libertà: ricevere un’entrata mensile, costante e prevedibile. Non un affitto da riscuotere, con tutti i suoi grattacapi, ma un accredito pulito sul conto, un piccolo stipendio digitale che arriva puntuale, ogni trenta giorni. Per anni, i re indiscussi di questo sogno sono stati due strumenti gemelli, due ETF molto noti: i PIMCO Short Term High Yield ETF.
Da una parte, STHY (ISIN IE00B7N3YW49), esposto al dollaro. Dall’altra, STHE (ISIN IE00BF8HV600), il suo fratello con la “corazza”, protetto dal rischio di cambio. Per molto tempo, la scelta sembrava una questione di preferenze personali, quasi di stile. C’era chi amava il brivido del dollaro e chi preferiva la tranquillità della copertura.
Ma negli ultimi anni, tra i forum di finanza e le discussioni online, qualcosa ha iniziato a incrinarsi. Un sussurro è diventato un lamento, e poi un grido di frustrazione: “Perché il mio ETF continua a perdere valore?”. Quel lamento proveniva quasi sempre dai possessori di STHE.
Quella che sembrava una scelta sicura si è rivelata per molti una zavorra, un’emorragia lenta ma inesorabile del capitale. Questa non è la storia di un prodotto sbagliato, ma la cronaca di una lezione finanziaria fondamentale, una lezione sul costo, spesso invisibile, della sicurezza. È la storia di una grande illusione e della scoperta di una verità scomoda che sta spingendo molti a una scelta drastica: abbandonare la corazza e abbracciare il rischio.

Il Fascino Innegabile della Rendita Mensile: L’Era del “Cedolare”
Per capire il dramma, bisogna prima capire l’amore. L’attrazione per questi ETF PIMCO non è puramente razionale; è emotiva. L’idea di “cedolare”, come viene affettuosamente chiamata online, è diventata uno stile di vita. Ogni mese, la comunità di investitori si anima: si condividono gli importi delle cedole, si festeggiano i dividendi “ricchi” e ci si lamenta di quelli “stitici”. È un rito che crea un senso di progresso tangibile, una gratificazione immediata che gli ETF ad accumulazione, per loro natura, non possono offrire.
Questi strumenti sono diventati le “galline dalle uova d’oro” per chiunque volesse costruire un flusso di cassa per integrare lo stipendio, pianificare una pensione anticipata o semplicemente avere la soddisfazione psicologica di vedere il proprio capitale “lavorare” mese dopo mese. E per un po’, tutto ha funzionato a meraviglia. Le cedole arrivavano, il capitale sembrava stabile. Ma poi, i possessori di STHE hanno iniziato a guardare i loro estratti conto con una crescente inquietudine.

L’Inquietante Scoperta: “Perché il Prezzo del Mio STHE Scende Sempre?”
È la domanda che ha dominato le discussioni per anni. Mentre il mondo finanziario attraversava cicli diversi, il grafico del prezzo di STHE sembrava conoscere una sola direzione: una lenta, frustrante discesa. Partito da valori intorno a 100 euro al suo lancio, ha visto i suoi massimi diventare progressivamente più bassi: 95, poi 89, poi 84… fino a lateralizzare in un range deprimente tra 72 e 75 euro.
Inizialmente, molti hanno pensato a fattori temporanei: una crisi, un momento di volatilità. Ma la discesa era troppo costante, troppo metodica per essere casuale. È qui che è emerso il dubbio più angosciante per un investitore da reddito: “Non è che mi stanno pagando le cedole con i miei stessi soldi?”.
Sebbene un’analisi del rendimento totale (Total Return) dimostri che l’ETF ha generato un guadagno complessivo, il sospetto non era del tutto infondato. Il capitale si stava erodendo, e con esso, anche il potenziale di generare cedole future. Ma la causa non era un trucco contabile. Era qualcosa di molto più tecnico e, per questo, più insidioso: il costo della copertura valutaria.

Svelare il Colpevole: Il Costo Nascosto della Sicurezza Chiamata “Hedging”
Ecco la rivelazione che ha cambiato tutto. Molti investitori credevano che la “copertura” (hedging) fosse una sorta di assicurazione a basso costo, una piccola commissione inclusa nel TER per dormire sonni tranquilli, immuni alle bizze del cambio euro-dollaro. La realtà è molto diversa e molto più costosa.
Il costo della copertura di un ETF non è una commissione fissa. È, in larga parte, il risultato del differenziale tra i tassi d’interesse a breve termine delle due valute che si stanno coprendo. In questo caso, l’Euro (Euribor) e il Dollaro USA (Libor/SOFR).
Semplificando un meccanismo complesso: per neutralizzare il cambio, il gestore dell’ETF deve usare dei derivati (forward). Il costo di questi contratti dipende da quale delle due valute “costa di più” prendere in prestito. Negli ultimi anni, i tassi d’interesse negli Stati Uniti sono stati costantemente e significativamente più alti di quelli dell’Eurozona. Questo significa che “pagare” in dollari e “incassare” in euro ha avuto un costo vivo, un salasso che si è attestato mediamente intorno all’1.5-2% all’anno.
Questo non è un costo che si vede nell’estratto conto. È un costo che agisce silenziosamente, giorno dopo giorno, erodendo direttamente il valore della quota dell’ETF. È come avere una piccola perdita quotidiana che, sommata su 10 anni, diventa una voragine. Un’analisi approfondita comparsa sui social mostrava un differenziale di performance in conto capitale tra STHY (in dollari) e STHE di quasi 40 punti percentuali in un decennio. Una cifra enorme, attribuibile quasi interamente a questo costo “invisibile”.

Il Gemello Riscoperto: Abbracciare il Rischio del Dollaro per Salvare il Capitale
Mentre i possessori di STHE vedevano il loro capitale assottigliarsi, chi aveva puntato su STHY viveva una realtà opposta. Certo, il suo valore in euro ha subito le forti oscillazioni del cambio, ma sul lungo periodo il risultato è stato nettamente superiore. Il suo capitale non solo si è preservato, ma si è anche apprezzato, spinto da un dollaro che, ciclicamente, ha mostrato i muscoli.
La lezione che ne è emersa è profonda: tra un costo certo, costante e cumulativo (l’hedging in un contesto di tassi sfavorevoli) e un rischio volatile ma ciclico (il cambio EUR/USD), per un investitore a lungo termine la seconda opzione si è dimostrata infinitamente più vantaggiosa. Il cambio può scendere, ma può anche risalire, permettendo di recuperare le perdite. Il costo dell’hedging, invece, è una perdita secca che si accumula senza possibilità di ritorno, a meno di un’improbabile e prolungata inversione dei differenziali dei tassi.
Questa consapevolezza ha innescato un vero e proprio esodo. Molti investitori, dopo anni di attesa e speranza, hanno deciso di agire, vendendo le loro quote di STHE – spesso in perdita sul capitale – per riversare tutto sul gemello STHY. Una decisione dolorosa, ma vista come l’unica via per fermare “l’emorragia” e riposizionarsi su uno strumento più efficiente nel lungo periodo.

Il Dilemma dell’Investitore: Tempismo, PMC e la Psicologia dello Switch
La decisione, però, non è semplice. Vendereste oggi un asset in perdita per comprarne un altro che è vicino ai suoi massimi storici, spinto da un dollaro forte? È il dilemma che attanaglia molti.
Qui entra in gioco la strategia. Chi segue questi strumenti sa che il Prezzo Medio di Carico (PMC) è tutto. Non essendo ETF da crescita come gli azionari, l’obiettivo non è comprare e aspettare che salga all’infinito, ma accumulare quote al prezzo più basso possibile per massimizzare il flusso di cedole rispetto al capitale investito.
Le discussioni online sono piene di strategie: c’è chi aspetta che il dollaro si indebolisca (e quindi che STHY scenda di prezzo) per entrare, chi approfitta di ogni piccolo storno per mediare il prezzo, e chi, più semplicemente, ha deciso che il costo di non agire è superiore al rischio di un timing non perfetto. In fondo, se l’orizzonte è la vita intera, anche entrare su un prezzo non ottimale può essere corretto se lo strumento è quello giusto.

Guida Pratica dal Fronte: Tassazione e Accrediti, i Dettagli che Contano
Oltre alla grande battaglia strategica, la vita dell’investitore è fatta di dettagli pratici. E anche qui, le esperienze condivise online sono preziose.
- La Tassazione Reale: Una delle domande più frequenti riguarda la tassazione dei dividendi. Essendo composti da obbligazioni corporate, ci si aspetterebbe un secco 26%. Invece, la realtà è leggermente migliore. Entrambi gli ETF contengono una piccolissima percentuale di titoli di stato considerati in “white list”. Questo porta l’aliquota effettiva a essere intorno al 25,5% – 25,7%. Un dettaglio, ma su grandi capitali fa la differenza.
- I Tempi delle Banche: Un’altra fonte di ansia è l’accredito delle cedole. Le esperienze variano enormemente: Directa e Fineco sono spesso lodate per la loro puntualità, accreditando i dividendi quasi subito. Webank, al contrario, è diventata famosa per i suoi ritardi, a volte anche di una settimana. Un fattore da considerare nella scelta del proprio intermediario.

Conclusione: Una Lezione di Consapevolezza Oltre la Cedola
La saga dei PIMCO Short Term High Yield ETF è molto più di una semplice discussione su quale prodotto sia migliore. È un caso di studio eccezionale sulla consapevolezza finanziaria.
Ci insegna che la parola “sicurezza” ha sempre un prezzo, e a volte questo prezzo è nascosto e molto più alto di quanto pensiamo. Ci insegna che per gli investimenti a lungo termine, soprattutto su asset class come l’High Yield che sono già correlate all’economia globale, temere la volatilità di un cambio forte e liquido come l’EUR/USD può essere un errore strategico costoso.
Alla fine, la scelta dipende dai propri obiettivi e dal proprio orizzonte temporale:
- STHY (Unhedged) emerge come lo strumento d’elezione per l’investitore a lungo termine, che punta a una rendita mensile robusta e accetta la volatilità del cambio come parte del gioco, sapendo che storicamente questa è stata più un’opportunità che una minaccia.
- STHE (Hedged), alla luce dei dati decennali, si rivela uno strumento tattico, forse utile per chi ha un orizzonte di breve periodo o una specifica visione ribassista sul dollaro. Ma come investimento “buy and hold” per la vita, ha dimostrato di essere una scelta che erode valore.
Il sogno della rendita passiva è più vivo che mai. Ma per realizzarlo, non basta scegliere un buon prodotto. Bisogna capirlo fino in fondo, guardare “sotto il cofano” e non avere paura di correggere la rotta quando i dati e l’esperienza dimostrano che la strada intrapresa non è più quella giusta.