Quanto si Guadagna con Airbnb in Italia

 Quanto si Guadagna con Airbnb in Italia: Sogni d’Oro e la Dura Realtà dei Conti in Tasca

Chi non ha mai accarezzato l’idea? Magari guardando quella stanza vuota in casa, o pensando al piccolo appartamento ereditato in una città d’arte. L’idea di trasformare uno spazio inutilizzato in una fonte di reddito, quasi magica, che si alimenta da sola. Le foto patinate, le recensioni a cinque stelle, la promessa di un guadagno “passivo” che entra in banca mentre si fa altro. Airbnb ha costruito un impero su questo sogno, un sogno che in Italia, paese di borghi incantati e metropoli vibranti, sembra più tangibile che mai.

Ma cosa c’è davvero dietro il sipario scintillante delle prenotazioni facili e delle tariffe da capogiro? Quanto si guadagna veramente con Airbnb in Italia, una volta che le luci della ribalta si spengono e si accende la calcolatrice?

Recenti analisi e vivaci discussioni emerse online, in forum di finanza personale e tra gruppi di host, dipingono un quadro complesso, un affresco a due facce dove il sogno si scontra spesso con una realtà fatta di costi nascosti, impegno costante e un mercato spietatamente polarizzato. Abbiamo raccolto dati, storie e insight per rispondere alla domanda da un milione di euro, o forse, come vedremo, da molto, molto meno.

Le Cifre che Fanno Sognare: Le Città d’Oro degli Affitti Brevi

Partiamo dai numeri che alimentano il mito, quelli che fanno brillare gli occhi. Un’analisi approfondita basata sui dati delle principali piattaforme di affitti brevi ha mappato la redditività delle 25 città italiane più popolose. I risultati sono impressionanti, ma solo per pochi eletti.

In cima alla classifica, regina indiscussa, siede Venezia. Un proprietario nella Serenissima può aspettarsi un guadagno lordo mediano di circa 45.400 € all’anno. È una cifra che, da sola, supera molti stipendi qualificati. Non è un caso: con tariffe medie che volano oltre i 200 € a notte, la città-laguna è un mondo a parte, un’attrazione globale dove la domanda sembra insaziabile.

Subito dietro, troviamo le altre due corone del turismo italiano: Roma, con un potenziale di 41.500 € lordi annui, e Firenze, che si assesta sui 40.000 €. In queste città, l’alto tasso di occupazione, che supera stabilmente il 65% durante l’anno, garantisce un flusso di cassa quasi costante. Un annuncio ben gestito nel centro di Firenze o a due passi dal Colosseo non è un immobile, è una macchina da soldi.

La prima sorpresa arriva con Milano. Nonostante sia il motore economico del Paese e una calamita per eventi e business, si ferma “solo” al quarto posto con 29.100 €. Una cifra di tutto rispetto, ma che ridimensiona la narrazione di una città dove tutto è oro. Città medie come Bologna, Verona e Bari mostrano una vitalità sorprendente, difendendosi con onore e dimostrando che l’attrattiva turistica si sta espandendo oltre i soliti circuiti. Nelle città più piccole e meno turistiche, invece, il sogno si infrange: i guadagni scendono drasticamente, spesso sotto i 900 € lordi al mese, rendendo l’intera operazione molto meno allettante.

Questi numeri, però, sono il trailer di un film. Un trailer esaltante, ma che non racconta tutta la storia. La trama completa, quella che ogni host impara a conoscere sulla propria pelle, inizia quando si preme il tasto “pausa” sull’entusiasmo e si inizia a parlare di netto.

Il Brusco Risveglio: Quanto Resta Davvero in Tasca a Fine Mese?

Ecco il punto cruciale, il momento in cui la favola incontra la matematica. Basta leggere il racconto di un host di Torino, condiviso durante una discussione online, per capire le reali dimensioni del gioco:
“Con un piccolo appartamento ristrutturato di 40 mq, in una buona zona, riuscivo a generare circa 2.000 € lordi al mese. Sembra ottimo, no? Peccato che, una volta tolta la cedolare secca, le commissioni della piattaforma, le spese condominiali e le bollette, il netto reale che mi rimaneva in tasca si aggirava sui 700 €, a essere ottimisti.”

Questa testimonianza è un pugno nello stomaco per chiunque sognasse guadagni facili. E non è un caso isolato. È la norma. Il passaggio dal lordo al netto è un percorso a ostacoli dove si perdono per strada fette consistenti del ricavo. Vediamo quali sono le principali “emorragie”:

  1. Le Tasse: La prima, inevitabile, è la cedolare secca. Per chi affitta un solo immobile, si tratta del 21% del ricavo lordo. Una cifra non trascurabile. Se si possiedono due o più immobili destinati agli affitti brevi, l’aliquota sale al 26% sul secondo, terzo e così via.
  2. Le Commissioni: Piattaforme come Airbnb e Booking non lavorano gratis. Trattengono una percentuale su ogni prenotazione, che solitamente si aggira tra il 14% e il 17% a carico dell’host. Stiamo parlando di un’altra fetta importante che svanisce prima ancora di arrivare sul nostro conto.
  3. I Costi di Gestione: Qui si apre un mondo. C’è la spesa per le pulizie professionali tra un ospite e l’altro, fondamentale per mantenere recensioni alte. C’è il costo della lavanderia per lenzuola e asciugamani. E poi ci sono le utenze: luce, gas, acqua, internet ad alta velocità (ormai un must) e le spese condominiali, che in un viavai di turisti possono anche aumentare.
  4. Gli Imprevisti e i Piccoli Furti: Questa è la parte che nessuno mette in conto. L’asciugacapelli che smette di funzionare, la lampadina che si fulmina, la maniglia che si rompe. E poi ci sono i piccoli ammanchi. Un host racconta, con un misto di rassegnazione e ironia, di ospiti che si portano via non solo i rotoli di carta igienica di scorta, ma persino le pentole. “Quando li ho segnalati sulla piattaforma,” racconta, “sono tornati a riportarmela, dicendo di averla presa per sbaglio.” A fine anno, questi piccoli costi e fastidi si sommano e incidono sul bilancio.

Sommando tutto, è facile capire come i 45.000 € di Venezia possano trasformarsi in una cifra molto più modesta. Un guadagno ancora interessante, certo, ma che richiede un livello di impegno e un’attenzione ai dettagli che ci porta dritti al prossimo punto.

Quanto si Guadagna con Airbnb in Italia

Il Mito della Rendita Passiva: Airbnb non è un Investimento, è un Lavoro

Se pensate di mettere un annuncio online e aspettare che i soldi piovano dal cielo, siete sulla strada sbagliata. La verità, confermata da innumerevoli host, è che gestire un Airbnb non è una rendita passiva. È un lavoro a tutti gli effetti. Un lavoro flessibile, forse, ma pur sempre un lavoro.

Richiede di essere un receptionist, un customer service, un manager e un addetto alle pulizie, tutto in uno. Significa rispondere ai messaggi a qualsiasi ora, gestire richieste di check-in anticipato o check-out posticipato, risolvere problemi in tempo reale (la caldaia che non parte, il Wi-Fi che salta). Significa ottimizzare continuamente l’annuncio con promozioni e sconti per non perdere visibilità, e gestire la burocrazia, come la comunicazione degli ospiti alla Questura.

Per chi ha un solo appartamento, può essere un ottimo side hustle, una seconda entrata che integra lo stipendio. Ma per “viverci”? La conversazione tra proprietari è unanime: servono almeno due, se non tre o quattro appartamenti, idealmente nello stesso stabile per ottimizzare la logistica delle pulizie e della manutenzione. A quel punto, però, si è a tutti gli effetti imprenditori di se stessi, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempo, stress e rischi.

I Due Mondi: Il Vantaggio Incolmabile di chi Eredita

E qui emerge un’altra verità cruciale, una linea di demarcazione che separa due universi. Da una parte, c’è chi ha la fortuna di ereditare un immobile in una zona strategica. Per questa persona, l’investimento iniziale è zero. Ogni euro guadagnato, al netto dei costi, è profitto. Il gioco è quasi sempre vincente.

Dall’altra parte, c’è chi deve comprare un immobile oggi con l’obiettivo di metterlo a reddito su Airbnb. Qui, l’equazione cambia radicalmente. Con i prezzi al metro quadro alle stelle nelle grandi città, il capitale da investire è enorme. Un bilocale in una zona appetibile di Roma o Firenze può facilmente superare i 300.000 o 400.000 euro.

A questo punto, la domanda non è più “quanto si guadagna?”, ma “qual è il ritorno sull’investimento (ROI)?”. E la risposta è spesso deludente. Un commentatore acuto, durante un dibattito, ha fatto un paragone illuminante: “Se devi comprare casa oggi per fare Airbnb, quasi certamente ti conviene buttare tutto su un classico ETF azionario globale e goderti la vita.” Ha ragione. Un investimento finanziario, a parità di capitale, potrebbe offrire rendimenti simili o addirittura superiori, senza il mal di testa della gestione, dei turisti e dei bagni da pulire.

Il Prezzo Sociale: Quando il Sogno di Uno Diventa l’Incubo di Molti

La discussione su Airbnb non può e non deve essere solo economica. C’è un prezzo sociale, un impatto sulle nostre città che è sotto gli occhi di tutti. Il caso di Venezia, ancora una volta, è un monito. Il dato secondo cui in città ci sono più posti letto per turisti che residenti è agghiacciante. Racconta di un centro storico che si è trasformato in un guscio vuoto, un magnifico parco a tema per turisti dove vivere è diventato quasi impossibile, non solo per i costi, ma per la mancanza di servizi essenziali e di un tessuto sociale vivo.

Questo fenomeno, seppur con intensità diverse, sta contagiando i centri di Firenze, Roma e di molte altre città. Studenti, giovani lavoratori e famiglie vengono espulsi dal mercato degli affitti tradizionali, cannibalizzato dalla promessa di guadagni più alti e più sicuri degli affitti brevi.

Eppure, sarebbe un errore demonizzare i proprietari senza capire le loro ragioni. Molti scelgono Airbnb non solo per avidità, ma per disperazione. La legislazione italiana sugli affitti a lungo termine è notoriamente sbilanciata. Il rischio di incappare in un inquilino moroso e di dover affrontare procedure di sfratto lunghe anni, costose e dall’esito incerto, è un deterrente potentissimo. Un proprietario lo ha riassunto in modo brutale ma onesto: “Non mi sognerei mai di affittare normalmente. Piuttosto vendo la casa. Nella mia stessa palazzina ci sono famiglie che non pagano da anni e nessuno le manderà mai via.”

In questo contesto, Airbnb appare come un’ancora di salvezza: pagamenti anticipati, recensioni che filtrano gli ospiti problematici e la certezza di riavere il proprio immobile a fine soggiorno.

Conclusione: Allora, Conviene o No?

Torniamo alla domanda iniziale: quanto si guadagna e, soprattutto, conviene lanciarsi nell’avventura di Airbnb?

La risposta non è un semplice sì o no. È un “dipende”.

Airbnb conviene enormemente se hai ereditato un immobile in una posizione di prim’ordine (Venezia, Roma, Firenze, ma anche centri storici di città medie in crescita). In questo caso, è quasi certamente l’opzione più redditizia.

Airbnb può essere un buon affare se hai un appartamento e cerchi una seconda entrata, a patto di essere consapevole che richiederà un impegno costante, quasi un secondo lavoro. Devi essere pronto a gestire lo stress e a fare i conti con una redditività netta molto inferiore alle attese.

Airbnb è probabilmente una pessima idea se devi indebitarti per comprare un immobile a prezzi di mercato con l’unico scopo di affittarlo ai turisti. Il rischio è alto, il ritorno sull’investimento incerto e l’impegno richiesto potrebbe non valere la candela rispetto ad alternative finanziarie più semplici e passive.

Il sogno di una rendita facile e automatica rimane, per la maggior parte delle persone, un’illusione. La realtà è quella di un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti, con le sue soddisfazioni ma anche con i suoi costi, le sue fatiche e le sue responsabilità, non solo verso se stessi, ma anche verso il tessuto sociale delle città in cui viviamo. Prima di fare il grande passo, il consiglio migliore è uno solo: armatevi di calcolatrice e realismo. Il conto economico, quello vero, non mente mai.

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