C’è una sensazione che molti investitori a caccia di rendita conoscono bene. È un mix di attrazione e frustrazione. Si apre il proprio portafoglio, si vedono i dividendi mensili accreditati con la regolarità di un orologio svizzero e si prova una certa soddisfazione. Poi, però, lo sguardo cade sulla performance complessiva del capitale e quella soddisfazione si incrina. Il valore del fondo sembra bloccato, se non in calo, da anni.
Se questa descrizione ti suona familiare, è probabile che tu abbia in portafoglio, o che tu stia considerando, uno dei due colossi degli ETF su obbligazioni dei mercati emergenti in dollari: iShares EM Bond (IEMB) o Vanguard EM Govt Bond (VEMT).
Questi strumenti sono da tempo al centro di un acceso dibattito online, nei forum e sui social. Promettono un flusso di cassa costante, una manna dal cielo per chiunque stia costruendo un piano di accumulo o un portafoglio per il pensionamento anticipato. Eppure, la loro performance recente ha messo a dura prova la pazienza di molti.
Ma se ti dicessi che proprio ora, in questo preciso momento storico, guardare a questi ETF solo attraverso lo specchietto retrovisore potrebbe essere l’errore più grande? Il vento della politica monetaria sta per cambiare. Dopo anni di rialzi dei tassi che hanno pesantemente penalizzato l’intero settore obbligazionario, si profila all’orizzonte uno scenario di tassi in calo. E questo cambia completamente le regole del gioco.
È il momento di andare oltre le lamentele e le performance passate. È il momento di un’analisi profonda, di un confronto senza esclusione di colpi tra VEMT e IEMB per capire non solo quale dei due sia migliore, ma se questa asset class sia finalmente pronta a risplendere.

Il Fascino Discreto dei Bond Emergenti: Perché Dovremmo Ancora Interessarci?
Prima di mettere i due contendenti sul ring, facciamo un passo indietro. Perché, nonostante tutto, le obbligazioni dei mercati emergenti continuano a esercitare un’attrazione così forte? La risposta sta nei numeri di lungo periodo, quelli che spesso dimentichiamo quando siamo accecati dal “rumore” del breve termine.
Se allarghiamo lo sguardo agli ultimi vent’anni, scopriamo che questa asset class ha generato un rendimento annualizzato del 5,82%. Un dato che non sfigura affatto se paragonato al 6,41% dell’azionario americano nello stesso periodo. La vera magia, però, sta nella volatilità: mentre l’azionario ha danzato al ritmo di un turbolento 18% di oscillazioni, i bond emergenti hanno mostrato una stabilità relativa, con una volatilità più che dimezzata, pari all’8,56%.
Questo ci dice una cosa fondamentale: stiamo parlando di uno strumento che storicamente ha offerto rendimenti “simil-azionari” con rischi “obbligazionari”. Naturalmente, c’è un compromesso. Quel rendimento non è arrivato dalla crescita esplosiva del valore dei titoli, ma è stato quasi interamente generato dalle cedole distribuite. In pratica, è come possedere un motore da reddito incredibilmente potente. La sfida, come abbiamo visto, è evitare che la carrozzeria (il capitale) si ammacchi lungo il percorso.

I Due Contendenti sul Ring: Caratteristiche a Confronto
Entriamo nel vivo del confronto tra VEMT vs IEMB. Entrambi sono ETF che investono in obbligazioni governative di paesi emergenti, ma con una caratteristica cruciale: i titoli sono emessi in dollari americani (USD). Questa non è una scelta casuale. È una strategia per proteggere l’investitore dalla potenziale svalutazione delle fragili valute locali, anche se, come vedremo, introduce un altro tipo di rischio.
Entrambi sono ad accumulazione, ma con distribuzione mensile dei proventi. Entrambi usano una replica fisica a campionamento. Fin qui, sembrano gemelli. Ma è proprio sotto la superficie che iniziano le differenze che contano.
Il primo scontro è sui fondamentali: costo e grandezza.
Da un lato abbiamo iShares (IEMB), il gigante. Con una massa gestita (AUM) che supera i 4.8 miliardi di euro, è il fondo più grande, liquido e storicamente più conosciuto. Questa dimensione è sinonimo di affidabilità e facilità di scambio. Ma questa posizione dominante ha un prezzo: un costo di gestione (TER) dello 0,45% annuo.
Dall’altro lato c’è Vanguard (VEMT), il challenger più snello ed efficiente. È notevolmente più piccolo, con circa 400 milioni di euro in gestione, ma il suo asso nella manica è un TER quasi dimezzato, pari allo 0,25%.
Non sottovalutate mai l’impatto dei costi. Quello 0,20% di differenza non è un’opinione, è un rendimento extra garantito che finisce nelle vostre tasche ogni singolo anno. In un mondo di rendimenti incerti, il risparmio sui costi è l’unica certezza. Su questo fronte, Vanguard segna un punto netto e indiscutibile.
Le performance passate non sono garanzia di quelle future, ma ci raccontano una storia importante sulla resilienza di un fondo. Se guardiamo agli ultimi 3-5 anni, un periodo segnato da shock come la pandemia e il rapido rialzo dei tassi, emerge un quadro interessante.
Vanguard (VEMT) è riuscito a sovraperformare leggermente iShares (IEMB). Non parliamo di differenze abissali, ma su un orizzonte di tre anni, quel “leggermente” si è tradotto in circa un 2% di rendimento extra. La vera differenza, però, si è vista durante i crolli. Nel panico del marzo 2020, VEMT ha mostrato una volatilità più contenuta, perdendo meno terreno rispetto al suo rivale.
Questa maggiore stabilità suggerisce che, nonostante replichino indici simili, la metodologia di campionamento e la filosofia di gestione del rischio di Vanguard si sono dimostrate marginalmente più efficaci nel proteggere il capitale durante le fasi di panico. Un altro punto a favore del challenger.

L’Analisi Profonda: Il Segreto Nascosto nel Prezzo degli ETF
Ora arriva la parte più importante, quella che separa un’analisi superficiale da una che può davvero orientare una decisione di investimento. Dobbiamo guardare dentro il motore di questi ETF, a due numeri che raccontano il futuro potenziale più di qualsiasi grafico passato: la Duration e il Rendimento a Scadenza (YTM).
Entrambi gli ETF hanno una duration effettiva di circa 7,3 anni. Questo numero, che a molti può sembrare astratto, è in realtà il vostro migliore amico (o peggior nemico). La duration misura la sensibilità del prezzo dell’ETF a una variazione dei tassi di interesse. In termini semplici, per ogni punto percentuale di rialzo dei tassi, il valore di questi ETF è destinato a scendere di circa il 7,3%.
Questo spiega con una chiarezza disarmante la sofferenza che avete provato nel 2022 e 2023. La Fed alzava i tassi e il valore del vostro ETF scendeva, quasi matematicamente. Ma ora, immaginate lo scenario opposto. Se e quando la banca centrale americana inizierà a tagliare i tassi, quella stessa leva agirà in vostro favore. Un taglio dei tassi di un punto percentuale potrebbe tradursi in un guadagno in conto capitale del 7,3%, a cui si aggiunge ovviamente il flusso di cedole.

Avere un’alta duration oggi non è più solo un rischio, è diventato una potenziale, enorme opportunità.
E qui arriviamo alla vera chicca, all’insight che cambia la prospettiva. Il dividendo distribuito da questi ETF si aggira oggi intorno a un ottimo 5,5-5,7%. Ma questo è solo un pezzo della storia. Il dato più importante è il Rendimento a Scadenza (Yield to Maturity o YTM), che per entrambi si attesta a un incredibile 7,22% circa.
Cosa significa questa differenza? Significa che moltissime delle obbligazioni presenti all’interno del portafoglio degli ETF sono state acquistate “sotto la pari”, ovvero a un prezzo scontato rispetto al loro valore di rimborso a scadenza.
Immaginate di comprare un’obbligazione che alla fine vi restituirà 100, ma di pagarla solo 90 oggi. Quel guadagno di 10 si aggiunge alle cedole che incasserete nel frattempo. Lo YTM del 7,22% è proprio questo: il rendimento totale annuo che un investitore può aspettarsi di ottenere se mantenesse l’ETF fino alla scadenza media di tutte le obbligazioni in portafoglio. È la somma della cedola e del potenziale guadagno in conto capitale.
Questa è una promessa potentissima. Ci dice che, oltre al dividendo, c’è un potenziale di rivalutazione del capitale “incorporato” nel prezzo attuale dell’ETF.

Gli Elefanti nella Stanza: I Rischi Che Nessuno Può Ignorare
Sarebbe disonesto e ingenuo dipingere un quadro solo roseo. Investire in bond emergenti comporta dei rischi specifici che è fondamentale comprendere prima di fare qualsiasi scelta.
Il primo, l’abbiamo visto, è il rischio tassi, legato all’alta duration. Se lo scenario di tassi in calo non dovesse materializzarsi, questi ETF continuerebbero a soffrire.
Il secondo è il rischio valutario. Essendo denominati in dollari, il rendimento finale per un investitore europeo dipende dal tasso di cambio EUR/USD. Se il dollaro si rafforza contro l’euro, il nostro rendimento aumenta. Se il dollaro si indebolisce, il nostro rendimento viene eroso. È una scommessa implicita sul dollaro che non va mai dimenticata.
Infine, c’è il puzzle della tassazione. Non fatevi ingannare: la tassazione su questi strumenti non è né il 12,5% dei titoli di stato italiani, né il 26% secco delle azioni. È un ibrido. Le obbligazioni di paesi inclusi nella “White List” italiana (come Messico, Brasile, Turchia) sono tassate al 12,5%. Le altre, al 26%. Il risultato è un’aliquota effettiva che si attesta mediamente tra il 18% e il 19%. È un dettaglio cruciale per calcolare il rendimento netto reale.

Il Verdetto Finale: Quale Scegliere e Perché?
Siamo giunti al termine di questo confronto. Chi vince la battaglia tra VEMT e IEMB? La risposta, come spesso accade, non è assoluta, ma dipende dalla vostra filosofia di investimento.
- Scegli iShares (IEMB) se… la tua priorità assoluta è la liquidità e la storicità. Se gestisci grandi capitali o se l’idea di investire nel fondo più grande e consolidato del settore ti fa dormire sonni più tranquilli, IEMB è una scelta solida. Sei disposto a pagare un “premio” in termini di costi per avere questa tranquillità.
- Scegli Vanguard (VEMT) se… sei un investitore attento ai costi e focalizzato sull’efficienza a lungo termine. Il TER quasi dimezzato è un vantaggio matematico che si accumulerà anno dopo anno. La sua maggiore resilienza durante le crisi e la leggera sovraperformance recente lo rendono, sulla carta, la scelta razionalmente superiore per chi vuole massimizzare il rendimento netto.
Personalmente, l’argomento dei costi è talmente potente da far pendere l’ago della bilancia in modo deciso verso VEMT. Ma la vera conclusione è un’altra.
La vera domanda non è solo vemt vs iemb. La domanda è se siete pronti a scommettere su questa asset class proprio ora. Se credete che il picco dei tassi sia alle nostre spalle, allora entrambi questi ETF offrono una combinazione quasi unica di alto reddito corrente (dividendo), potenziale di rivalutazione del capitale (legato alla duration) e un ulteriore guadagno implicito (legato allo YTM).
È un’opportunità asimmetrica, con rischi noti ma un potenziale di rendimento che non si vedeva da anni. La scelta, ora più consapevole, spetta a voi.
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